IL POPOLO DEI BIBLIOFILI NON TRADISCE LA FIERA

11/5/2008 (13:11) -
Il libro resta d'oro


Gli editori: la gente forse è un pò calata ma le vendite sono cresciute
GIOVANNA FAVRO
TORINO
Il popolo dei bibliofili non ha tradito la Fiera. Qualche malumore c’è, ma gli editori testimoniano in coro che lo zoccolo duro - i lettori forti che da anni affollano Librolandia - non s’è curato di allarmi e strade chiuse, ma ha seguito il richiamo del Lingotto: tra gli stand ieri c’era meno gente, con un calo stimato da Rolando Picchioni sul 10%, ma chi era in Fiera pare aver comprato molto, facendo salire gli incassi, in qualche caso, anche oltre il 2007. Il grosso degli editori si schiera comunque con la Fiera: «Molto rumore per nulla».

Giuseppe Laterza confessa che le polemiche «mi hanno fatto molta tristezza. E’ parsa prevalente una logica poverissima, di misera contrapposizione da stadio. Se si riduce il pensiero al manicheismo si immiserisce la cultura: alla Fiera devono emergere le tante identità, invece vedo un assurdo tifo e persone avvolte nelle bandiere. Per fortuna la polarizzazione del dibattito non ha impedito ai lettori di venire: c’è molta gente curiosa di ascoltare i dibattiti». Giudica corretto l’invito a Israele, e una «riduzione della capacità critica il non intendere che si possa essere israeliani critici con il governo».

Una posizione condivisa dai colleghi. Marco Tropea ad esempio spiega che «non sarei mancato a Torino per niente al mondo. Non amo il governo israeliano, ma la Fiera ha fatto bene ad ospitare quella cultura». Ha appena pubblicato un libro su Israele, e per lui «è questo il modo giusto di esprimersi, più che andare in strada o bruciare le bandiere».

Per Carmine Donzelli «la Fiera sta nel mondo, nessuno può evitare certe tensioni. S’è esagerato, ma non mi piacerebbe una Fiera sterilizzata, nella bambagia, lontana dai temi, e anche dalle polemiche, che agitano la società. Per etica e qualità civile, sarebbe stato impossibile avere un atteggiamento discriminatorio verso un popolo e una letteratura, quella israeliana, per quanto la contrapposizione di aree nazionali non giovi alla cultura». Il calo di pubblico? «C’è meno gente, ma dal piccolo osservatorio delle mie casse registro un aumento rispetto al 2007. Forse sono venuti i più motivati, anche se noi editori non veniamo qui per vendere qualche libro, ma perché Torino è un termometro importante della cultura italiana». Infatti, per Alberto Castelvecchi «le imprese editoriali debbono essere grate alla Fiera, per il lavoro che svolge da vent’anni». Si giudica «amico di Israele» e critica i media, che «hanno fabbricato un caso inesistente. Arrivando a Torino credevo di incontrare la guerriglia, invece è come gli altri anni». Il suo bilancio è positivo, e Sandro Ferri, l’editore di e/o, parla di «vendite più alte del 2007. S’è fatto tanto rumore per il dissenso di quattro gatti e per delle polemiche stupide. Se un alieno venisse in Italia lo troverebbe un paese perfetto, essendo l’unico guaio per i media l’invito agli autori israeliani».

Per Agrippino Gulizia, responsabile dello stand di Rcs, «c’è da sorprendersi che c’è qualcuno tra i padiglioni, dopo sei mesi di terrorismo psicologico. Tanti si sono spaventati e non sono venuti. Noi abbiamo titoli forti e andiamo bene comunque, ma immagino le difficoltà dei piccoli editori». Per Marco Tarò, direttore generale del Gruppo Mauri Spagnol (comprende pure Garzanti, Longanesi, Guanda) «i conti si faranno alla fine», ma anche lui parla di «polemica troppo cavalcata, forse anche dalla Fiera. La cosa che più mi spiace è che sono mancate molte scolaresche, comprensibilmente spaventate. Un peccato: puntiamo molto sui lettori di domani».

fonte: www.lastampa.it

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